Io e Chiara abbiamo finito la nostra ultima serie TV ed adesso dobbiamo trovare qualcosa che ci piaccia.
A voi la cronaca di questa ricerca perpetua e del perchè certe serie verranno amate o spietatamente bollate come CAGATE PAZZESCHE.

martedì 22 gennaio 2013

Segnalazioni d'autore: Elementary

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Puntate viste: s1e01-s1e12

Come la vede Roberto

E' da un po' che stavo valutando se postare qualcosa relativo a Elementary, la nuova versione "ammerigana" delle avventure del nostro beneamato Sherlock Holmes, abbellita di numerose trovate "eretiche" nei confronti del canone sacro: aldilà dell'ambientazione contemporanea (già sperimentata con notevole successo in Sherlock - ma è una produzione BBC, quindi sacra per definizione), il setting newyorkese (già toccato in un film TV con Roger Moore nel ruolo di Holmes, se non erro - vado a memoria) e soprattutto la presenza di un Watson in gonnella (aargh! Peggio di un graffio sulla lavagna!! E invece, no, in fondo in fondo...) avevano solleticato le attese dei fan meno integralisti, e quindi del sottoscritto.

Giunti alla dodicesima puntata della prima serie è il caso di cominciare a parlarne, anche perché - finalmente - si sente aria di Moriarty (e figurati, poteva forse mancare?). In realtà, Moriarty agisce per interposta persona, il notevole Vinnie Jones (ex difensore del Tottenham e sorta di Danny Trejo di Albione quanto a comporsate e ruoli costruiti con lo stampino- che non a caso, nel telefilm, durante lo svolgimento dei suoi compiti di assassino sintonizza il televisore delle vittime per guardarsi le partite dell'Arsenal - eccellente ironia, per un ex-giocatore degli Spurs!), ma immagino che dopo le rivelazioni sul suo essere il vero mandante morte di Irene Adler (ovviamente unico vero amore di Sherlock... per quale motivo pensate che mia figlia si chiami appunto Irene... Sherlock forever!), si aprono le porte alle dodici successive puntate della stagione che forse inizieranno a essere più collegate da un filo unico nella trama.

Holmes è un giovane ex-tossicodipendente, figlio di genitore tanto ricco quanto ben poco sensibile, che lo affida alle cure di Joan Watson per tenerlo sulla buona strada. Spostatosi a New York dalla natia Londra, vi troverà un ex ispettore di Scotland Yard (interpretato da Aidan Quinn... quanti se lo ricordano accanto a Madonna e Rosanna Arquette in Cercasi Susan disperatamente? Ah, i beati anni Ottanta!), che subito lo utilizza come consulante nella risoluzione dei casi più strani e difficoltosi.
Attori carini, setting meno, trame altalenanti, alcune ottime, altre meno, indubitabilmente inferiore al citato Sherlock (che adoro follemente), ma comunque godibile e necessario per i fan, come il sottoscritto.

Aspetto quindi con ansia la seconda parte della stagione, che riprenderà - in lingua originale - fra un paio di settimane. Nel contempo, visto che credo sia partito su Raidue in versione italiana proprio la scorsa domenica, non perdetevelo. C'è un sacco di roba peggiore in TV e spero proprio che questa serie sopravviva (visto che la BBC sembra molto incerta su di un'eventuale terza serie di Sherlock - anche perché Watson si è messo in testa di togliere il suo Tesssorroo a un poveraccio che non aveva fatto nulla di male... dannato Jackson!).

giovedì 17 gennaio 2013

Segnalazioni d'autore: Feels like Haven

L'instancabile Roberto continua a sfornare le sue recensioni d'autore.
Vi ricordo di seguire il suo blog: di tutto un Poe


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Puntate viste: Tutte
Come la vede Roberto

Quanti di voi si ricordano di Feels like Heaven e dei Fiction Factory? La canzone risale alla fine del 1983, ma forse - grazie a Radio Capital TV e ai suoi video vintage - anche i più giovani tra i lettori del blog potrebbero averla sentita. Non che la cosa importi molto, visto che ho semplicemente preso spunto dal titolo per parlare di una serie televisiva appena giunta al termine della sua terza stagione: Haven.

Prodotto della fertile, ma spesso sconclusionata, vena creativa del canale televisivo SyFy (e approdata nel nostro Paese prima su Steel, poi su Rai4), la serie si ispira (in maniera, molto, ma molto, ma molto, libera) al racconto The Colorado Kid di Stephen King (mida del fantastico, perennemente sopravvalutato). Narra le vicende di un agente donna, Audrey Parker (la quasi sconosciuta Emily Rose - in precedenza nota per aver dato voce e corpo a una delle eroine del gioco d'avventura per PS3 Uncharted), in uno strano paesino del Maine (ovviamente, trattandosi di King), Haven, appunto. Il termine in inglese, significa, tra le varie cose, anche "rifugio, e qui ci si riferisce a come il luogo "faccia buca" (per usare una nostra colorita ma comprensibile perifrasi) per tutte le persone "dotate" di un qualche potere anomalo (che come nel caso dell'eccellente sequenza di racconti super-eroistici delle antologie Wild Cards, ideate da George R.R.Martin, prima del trionfo di Game of Thrones, spesso o quasi sempre sono assurdi e debilitanti per chi li possiede e l'intero paese).

Nei tre mezzi anni di programmazione (si trattava inizialmente di una serie estiva - cioè da 13 episodi, promossa nell'ultimo anno a serie autunnale, ma rimasta comunque a quota tredici, come numero di puntate), le avventure dell'agente Parker e degli altri strani eroi di Haven (in particolare, lo sceriffo Nathan Wuornos - altro attore emerito sconosciuto, Lucas Bryant - e il simpaticissimo anti-eroe Duke Crocker - il moderatamente famoso Eric Balfour, già in 24 e in film come il remake di Non aprite quella porta e Skyline, ma già giovanissimo nei primissimi episodi di Buffy l'ammazzavampiri; senza dimenticare i fratelli-coltelli Dave and Vince, giornalisti ed editori del giornale locale, conoscitori di molti dei segreti del posto, e le comparsate di uno degli eroi del wrestling, Edge) si sviluppano attraverso una continua serie di sorprese e di colpi di scena, che via via che passano le puntate, si strutturano in una trama portante che nella terza serie prende il sopravvento e prelude a un cliffhanging che sicuramente è stato scelto dopo la decisione di giungere a una quarta stagione...

Per molti versi simile al cult anni Novanta X Files, Haven soffre un po' degli stessi difetti: se molte delle idee iniziali sono indubbiamente buone (come la presenza di persone con "problemi" - definizione politicamente corretta per individui la cui presenza porta solo morte e distruzione per quelli che incontrano -con l'agente Parker immune ai loro effetti, che periodicamente torna nel villaggio - una volta ogni 27 anni, a partire dalla prima comparsa negli anni Cinquanta del XX secolo - per porre rimedio alla loro ricomparsa ciclica), i personaggi azzeccati (anche se in certo modo stereotipi), gli attori bravi, gli sceneggiatori altrettanto abili (c'è la mano - almeno come produttore - di uno dei grandi del fantastico televisivo dell'ultimo quindicennio, J.J.Abrams), la prevalenza di una trama iper-ramificata sottostante a tutto quanto alla lunga stanca, si notano miriadi di incongruenze, si sente la pressione di non sapere quando dover porre termine a tutto quanto (il dramma delle serie televisive odierne, eccessivamente vittime esclusive dell'audience, ballerina per definizione) e quindi la necessità di lasciarsi spazi per conclusioni improvvise e prolungamenti indefiniti. Nel complesso però, i pregi sono superiori ai difetti e, senza entrare in ulteriori dettagli per non sciupare la visione a chi non la conoscesse, mi sento di poter dire che se gli anni Novanta erano stati, per gli appassionati del fantastico paranormale, gli anni di Mulder e Scully, questi primi anni della seconda decade del XXI secolo possono essere, per lo stesso tipo di pubblico, gli anni di Parker, Wuornos e Crocker (atipico triangolo, che meriterebbe ben più di un post e spiegazioni più dettagliate, che non mi sento di fare, per non rovinare con troppi spoiler la scoperta dei loro segreti via via che passano le puntate).

Forse poco vista da noi, anche per la programmazione su reti di secondo piano (nonostante Rai4 ormai da tempo sia il vero punto di riferimento per gli appassionati di fiction fantastica nostrana), Haven è un telefilm che raggiunge meritatamente la quarta stagione: speriamo che gli sceneggiatori siano sufficientemente abili da non alterare troppo gli equilibri faticosamente raggiunti e capaci di dare un senso compiuto all'intero baraccone (le cui falle cominciano pericolosamente a fare acqua quanto a coerenza) in attesa del finale (auspicabilmente la prossima stagione sarà l'ultima, altrimenti tempo un vero e proprio disastro di trama, come sta avvenendo - parere personale - con Fringe, di cui parlerò un'altra volta). E già che ci siete, se non la conoscete, ascoltatevi anche Feels like Heaven dei Fiction Factory, che non è niente male come possibile emblema dei favolosi anni Ottanta...

mercoledì 16 gennaio 2013

Segnalazioni d'autore: Revolution

Con colpevole ritardo pubblichiamo un nuovo articolo dalla penna del buon Roberto. Vi ricordo di seguire il suo nuovo ed aggiornatissimo blog: di tutto un Poe



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Puntate viste: s01e01

Come la vede Roberto

In questi giorni di fine vacanze e con ancora molte delle serie che seguo ancora ferme ai box a smaltire pandori anche Oltreoceano (Melegatti, come insegna la pubblicità), è giunta l'ora di tirar fuori dal cassetto... pardon, dalla chiavetta usb, il pilot di una serie che ha già riscosso un discreto consenso (a quanto sento) di pubblico a opera degli Ammerigani (con 2 emme e la gi, perché il telefilm, come sentirete è molto, molto, molto, "ammerigano"): Revolution (titolo evidentemente preso dalla celeberrima canzone dei Beatles, visto che nei titoli c'è anche un gioco di parole con "Evolution" - termine che compare nella seconda strofa del testo - ma potrebbe anche essere solo un caso, vista la banalità della rima).

Due parole sulla trama (per ora ovviamente solo abbozzata): un bel giorno sparisce dal mondo ogni forma di energia (quella elettrica, ma anche batterie, motori, etc) e l'umanità torna a prima della rivoluzione industriale. Con un flashforward di 15 anni, seguiamo le vicende di una famiglia (fratello e sorella tardo adolescenti, e matrigna cinica e feroce, che gira con del whisky avvelenato da offrire a eventuali banditi incontrati per strada...) costretta a fuggire dal pacifico villaggio dove vivono dalla milizia del governo Monroe (una delle tante repubbliche in cui sono rinati i nuovi States dopo la catastrofe), in cerca dello zio Miles (un ex sergente dei marines, in confronto al quale Ezio Auditore è un novellino nel maneggiare spade e coltelli, come dimostra una - discreta, anche se molto Hong Kong style - scena della parte finale del telefilm, dove affronta e sconfigge praticamente da solo una dozzina abbondante di avversari - che, ovviamente, pur armati di balestre e fucili - su questi torneremo dopo - si dimostrano incapaci di usarli e preferiscono farsi scannare in corpo a corpo). Oltre a questo, il pilot fornisce alcuni altri spunti di sviluppo di trama che ovviamente saranno seguiti, immagino, nelle puntate successive.

Ci troviamo di fronte, quindi, all'ennesimo telefilm post-olocausto o simile, dopo Walking Dead (del quale per adesso ho potuto vedere purtroppo solo il pilot della prima serie, causa eccessiva sensibilità della consorte, ma spero di rimediare in futuro) e Falling Skies (del quale ho visto il pilot, e mi è bastato), con premesse diverse, ma sviluppo immagino similare. In realtà, la cosa cui più somiglia è il bistrattato film di Costner L'uomo del giorno dopo (ovvero The Postman, dal bel romanzo di David Brin), che invece a me non era dispiaciuto. L'impressione iniziale non è malissimo, anche se ci si muove su strade percorse tante e tante volte, sia nella fiction narrativa sia in quella televisivo/cinematografica (per non dire videoludica - Fallout?!?). Molti dei volti presentati sono praticamente sconosciuti (come la protagonista femminile, somigliante alla Kirsten Stewart della saga di Twilight... sarà un caso che il protagonista maschile, il Miles "EZio Auditore" di cui sopra sia quel Billy Burke che nella saga licantropo-vampirica della Meyer è il padre di Bella?!? Bah! Misteri del casting...), ma si rivede nel ruolo del capo dei miliziani a caccia della famigliola quel Giancarlo Esposito che in Once Upon the Time è l'incarnazione dello "specchio, specchio delle mie brame" della Regina Cattiva, e, soprattutto, nel ruolo del "cattivo" Monroe (altro sergente dei marines, compagno d'armi di Miles) quel David Lyons che avevo indossato i panni dell'eroe mascherato di The Cape, nella sfortunata serie televisiva di un paio di anni or sono, caduto sventuratamente sotto i colpi dell'ascia dell'audience.

Il pilot e l'ambientazione pullulano di altri difetti più o meno gravi (per esempio, perché fra le varie cose che smettono di funzionare ci sono anche le armi da fuoco moderne, tanto che i miliziani rispolverano improbabili fucili ad avancarica dei tempi della Rivoluzione Americana (oops... Ammerigana)?? Perché è più figo, o perché c'è dietro una spiegazione logica? Sono curioso di conoscerla...), ma le improbabilità storiche o gli errori marchiani affollano da sempre la cinematografia mondiale (ammerigana in particolare...) e nonostante questo, tappandosi bocca, orecchie e naso (lasciamo aperti almeno gli occhi, e spegniamo il cervello) si riescono a vedere - divertendosi anche - film come Il Gladiatore e (sfioro l'eresia... preparate il rogo) Troy.

Sospendo quindi il giudizio su Revolution, in attesa di vedere se varrà la pena vedere qualche altra puntata al rientro in massa delle serie di ritorno dalle vacanze (sono già in attesa delle ultime puntate della stagione di Haven, del ritorno di Castle, Criminal Minds, Elementary, Arrow e - ebbene sì, alimentate il rogo già allestito in precedenza - Glee), ma non ne sentirò troppo la mancanza se poi non potrò farlo.

martedì 8 gennaio 2013

Segnalazione: Ripper Street

Buon anno a tutti! Visto che l'anno nuovo inizia con un sacco di buoni propositi, il buon Roberto ci spinge a rimettere mano al nostro blog segnalandoci una seie nuova nuova direttamente dall'Inghilterra!

Roberto ha anche deciso di aprire un suo blog non solamente ristretto alle serie televisive: di tutto un Poe
Visitatelo, fatelo conoscere a familiari, amici e conoscenti (se leggete questo blog non può non piacervi)



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Puntate viste: s01e01
Come la vede Roberto

Jack è tornato, o almeno così sembra nelle prime scene della nuova miniserie targata BBC, Ripper Street, freschissima di messa in onda e di visione.
Il fatto che non lo sia veramente, forse lascia un qualche amaro in bocca ai fan del più celebre serial killer della storia, ma si tratta di una mancanza da poco, perché la prima puntata (tutta imperniata sui primordi della fotografia pornografica e sul prototipo degli "snuff movies" prima ancora della nascita accertata dei film veri e propri) è piuttosto efficace, ficcante, ben recitata, da un cast all English (salvo Adam Rothenberg nel ruolo di Homer Jackson, ex medico dell'esercito statunitense ed anche ex agente dell'agenzia Pinkerton) e abbastanza ben calata nelle atmosfere della Londra del tardo Ottocento, su stilemi che ricordano da un lato i recenti film holmesiani dell'ex signor Madonna, dall'altro il lordume malato della Whitechapel di From Hell.

Parlando del cast, menzione speciale per Jerome Flynn (il Bronn del Trono di spade), nel ruolo del sergente Bennett Drake (costantemente impegnato in incontri di pugilato clandestini).

La prima impressione è valida, dunque, con i soliti difetti riscontrati in altre pellicole similari (in specie prostitute troppo belle per essere credibili, come nel citato From Hell), ma per il resto una trama decente (per quanto piuttosto telefonata e in fin dei conti imitativa), buona recitazione, personaggi interessanti e con scheletri nell'armadio forse anche molto ingombranti, che probabilmente si scopriranno pian piano (come è giusto che sia). Aspettiamo fiduciosi la seconda puntata, per vedere se le premesse saranno consolidate, o se tutto si scioglierà nel piattume (trattandosi di produzione BBC gli auspici sono buoni).